La mia raccolta delle Fiabe Russe





Gli animali nella fossa.

C'erano una volta un vecchio e una vecchia che non avevano altro bene se non un maiale. Andò il maiale nel bosco a mangiare ghiande. Gli viene incontro un lupo. Maiale, maiale, dove vai? Nel bosco, a mangiare ghiande. Portami con te! Ti porterei con me, dice il maiale, ma laggiù c'è una fossa larga e profonda, non ce la farai a saltarla. Invece ce la farò, dice il lupo. E si incamminarono; cammina cammina per il bosco, giunsero alla fossa. Andiamo, dice il lupo, salta. Il maiale saltò e passò la fossa. Anche il lupo saltò, ma ci finì dritto dentro. Be', dopodiché il maiale mangiò ghiande a sazietà e se ne tornò a casa. Il giorno dopo, di nuovo il maiale va nel bosco. Gli viene incontro un orso. «Maiale, maiale, dove vai?» «Nel bosco, a mangiare ghiande.» «Portami con te», dice l'orso. «Ti porterei, ma laggiù c'è una fossa larga e profonda, non ce la farai a saltarla.» «Non temere, ce la farò», dice l'orso. Giunsero alla fossa. Il maiale saltò e passò la fossa; l'orso saltò, ma ci finì dritto dentro. Il maiale, dopo aver mangiato ghiande a sazietà, se ne tornò a casa. Il terzo giorno, il maiale di nuovo andò nel bosco a mangiare ghiande. Gli viene incontro una lepre. «Buongiorno, maiale!» «Buongiorno, lepre orecchiona!» «Dove vai?» «Nel bosco, a mangiare ghiande.» «Portami con te.» «No, orecchiona, laggiù c'è una fossa larga e profonda, non ce la farai a saltarla.» «Io? Come sarebbe a dire che non ce la farò ! » Si avviarono e giunsero alla fossa. Il maiale saltò e passò la fossa. La lepre saltò, ma ci cadde dentro. Be', il maiale, dopo aver mangiato ghiande a sazietà, se ne tornò a casa. Il quarto giorno, ancora una volta il maiale va nel bosco a mangiare ghiande. Gli viene incontro una volpe; anche quella chiede che il maiale la porti con sé. «No - dice il maiale – laggiù c'è una fossa larga e profonda, non ce la farai a saltarla.» «Ma sì, ma sì che ce la farò», dice la volpe. Be', cadde anche lei nella fossa. Erano quindi quattro gli animali nella fossa, e iniziarono a preoccuparsi di come avrebbero trovato da mangiare. La volpe dice: «Mettiamoci un po' a gridare: quello che si stancherà, quello verrà mangiato». Iniziarono a gridare; la lepre si ritirò per prima, mentre la volpe ebbe la meglio su tutti. Presero la lepre, la fecero a pezzi e se la mangiarono. Ma la fame si fece sentire e di nuovo si accordarono per gridare: quello che si fosse ritirato sarebbe stato mangiato. «Se sarò io a ritirarmi - dice la volpe - allora mangerete me, poco importa!» Iniziarono: solo il lupo cedette, non ne poteva più. La volpe e l'orso lo presero, lo fecero a pezzi e se lo mangiarono. Ma la volpe imbrogliò l'orso: gliene diede da mangiare solamente un pezzetto e nascose il resto per mangiarselo quatta quatta. Ecco che l'orso inizia di nuovo ad avere fame e dice: «Comare, comare, dove ti prendi da mangiare?». «Ma andiamo, compare! Ficcati un po' una zampa sotto le costole, afferrane una - allora saprai che mangiare.» L'orso lo fece, si ficcò una zampa sotto le costole e crepò. La volpe rimase sola. Dopodiché, divorato l'orso, la volpe iniziò ad avere fame. Sopra quella fossa c'era un albero, su quell'albero stava facendo il nido un tordo. La volpe se ne stava seduta nella fossa, non faceva che guardare il tordo e gli dice: «Tordo, tordo, cosa fai?» «Mi faccio il nido.» «Per farci cosa?» «Per allevarci i miei picco li.» «Tordo, dammi da mangiare; se non mi dai da mangiare, mangerò i tuoi piccoli.» Il tordo si affliggeva e si tormentava al pensiero di come nutrire la volpe. Volò al villaggio e le portò una gallina. La volpe sparecchiò la gallina e dice di nuovo: «Tordo, tordo, mi hai dato da mangiare?». «Ma sì.» «Be', allora dammi da bere.» Il tordo si affliggeva e si tormentava al pensiero di come dissetare la volpe. Volò al villaggio e le portò dell'acqua. La volpe bevve a sazietà e dice: «Tordo, tordo, mi hai dato da mangiare?». «Ma sì.» «Mi hai dato da bere?» «Ma sì.» «Allora fammi uscire da questa fossa.» Il tordo si affliggeva e si tormentava al pensiero di come tirare fuori la volpe. Poi iniziò a gettare dei rami nella fossa e ne gettò talmente tanti che la volpe se ne poté servire per arrampicarsi fino a fuori; dopodiché si allungò ai piedi dell'albero. «Allora - dice - mi hai dato da mangiare, tordo?» «Ma sì.» «Mi hai dato da bere?» «Ma sì.» «Mi hai fatto uscire dalla fossa?» «Ma sì.» «Be', adesso fammi ridere.» Il tordo si affliggeva e si tormentava al pensiero di come fare ridere la volpe. «Volerò fino al villaggio - dice - e tu, volpe, seguimi.» Bene; il tordo volò fino al villaggio, si posò sul portone di un ricco contadino, mentre la volpe vi si accucciò ai piedi. Il tordo cominciò a gridare: «Nonnina, nonnina, portami un pezzo di lardo! Nonnina, nonnina, portami un pezzo di lardo!». Saltarono fuori dei cani e fecero a pezzi la volpe. Ci sono stata, ho bevuto del moscato, sulle labbra è scivolato, in bocca non è arrivato. Mi hanno dato un caffettano verde; mi sono avviata: le cornacchie volano e gridano: «Verde il caffettano, verde il caffettano!». Ho creduto di sentire: «Getta il caffettano», ho preso e me ne sono sbarazzata. Mi hanno dato un cappello blu. Le cornacchie volano e gridano: «Blu il cappello, blu il cappello!». Ho creduto di sentire: «Giù il cappello!», me ne sono sbarazzata e sono rimasta senza più niente.



Il gatto, il gallo e la volpe


C'era una volta un vecchio che aveva un gatto e un gallo. Il vecchio se ne andò nel bosco a lavorare, il gatto gli portò da mangiare, mentre il gallo fu lasciato a far la guardia alla casa. In quel momento arrivò una volpe. Chicchirichì Galletto, Cresta d'oro, graziosetto! Mostrati, fatti ammirare, Ti darò dei piselli da mangiare. Così cantava la volpe, seduta sotto la finestra. Il gallo aprì la finestra e mise fuori la testina per vedere chi cantasse. La volpe afferrò il gallo e lo portò via. Il gallo iniziò a gridare: «La volpe mi ha preso, porta il gallo per boschi scuri, verso paesi lontani, verso terre straniere, terre ai confini del mondo, in un reame ai confini del mondo, in uno stato ai confini del mondo. Gatto Gattonovic, salvami!». Il gatto nel campo sentì la voce del gallo, si lanciò all'inseguimento, raggiunse la volpe, liberò il gallo e lo riportò a casa. «Sta' attento, Galletto - gli dice il gatto - non ti affacciare più, non credere alla volpe; ti mangerà senza lasciare nemmeno un ossetto.» Il vecchio se ne andò di nuovo nel bosco a lavorare e il gatto gli portò da mangiare. Andandosene, il vecchio raccomandò al gallo di fare la guardia alla casa e di non affacciarsi. Ma la volpe stava spiando, aveva una voglia matta di mangiare il gallo; si avvicinò all'izbà e iniziò a cantare: Chicchirichì Galletto, Cresta d'oro, graziosetto! Mostrati, fatti ammirare, Ti darò dei piselli da mangiare, Tanto grano da farti scoppiare. Il gallo camminava avanti e indietro per l'izbà e taceva. La volpe di nuovo iniziò a cantare la sua canzoncina e lanciava dei piselli attraverso la finestra. Il gallo beccò i piselli e dice: «No, volpe, non mi inganni! Tu vuoi mangiarmi senza lasciare nemmeno un ossetto». «Ma cosa dici, Galletto! Io volerti mangiare! Vorrei solo che tu venissi ospite da me, che vedessi come me la passo e dessi un'occhiata alle mie cose!», e giù a cantare: Chicchirichì Galletto, Cresta d'oro, graziosetto, Con le piume variopinte! Mostrati, fatti ammirare, Dei piselli hai avuto in dono, Ti darò anche del grano. Il gallo diede solo un'occhiata dalla finestra e subito la volpe lo afferrò. Il gallo si mise a gridare a squarciagola: «La volpe mi ha preso, porta il gallo per boschi scuri, per fitte pinete, per monti e mari; vuole mangiarmi senza lasciare nemmeno un ossetto!». Il gatto nel campo sentì, si lanciò all'inseguimento, liberò il gallo e lo riportò a casa: «Non ti avevo detto: non aprire la finestra, non affacciarti, la volpe vuole mangiarti senza lasciare nemmeno un ossetto? Sta' attento, dammi ascolto! Domani saremo molto lontani». Il vecchio di nuovo se ne andò a lavorare e il gatto gli portò da mangiare. La volpe scivolò sotto la finestra e iniziò a cantare la stessa canzoncina; cantò tre volte, ma il gallo non fiatava. La volpe dice: «Guarda un po', il gallo oggi è diventato muto!». «No, volpe, non mi inganni, non mi affaccerò.» La volpe iniziò a lanciare piselli e grano attraverso la finestra e riprese a cantare: Chicchirichì Galletto, Cresta d'oro, graziosetto, Con le piume variopinte! Mostrati, fatti ammirare, Ho un enorme appartamento Pieno di chicchi di frumento: Mangerai fino a scoppiare! Poi aggiunse: «Se tu vedessi, Galletto, quante rarità ci sono da me! Mostrati dunque, Galletto! Basta, non credere al gatto. Se avessi voluto davvero mangiarti, l'avrei fatto da un pezzo; invece, vedi, mi sei simpatico, ti voglio far vedere il mondo, darti dei buoni consigli e insegnarti a vivere. Andiamo, Galletto, mostrati, mi metterò dietro l'angolo!», e si appiattì di più contro il muro. Il gallo saltò su una panca e guardò lontano, per assicurarsi che la volpe se ne fosse andata. Ma non appena si fu affacciato, la volpe lo afferrò e chi s'è visto s'è visto. Il gallo si mise a gridare come al solito, ma il gatto non lo sentì. La volpe portò il galletto oltre la giovane abetaia e se lo mangiò, lasciando sparpagliare al vento la coda e le piume. Il vecchio e il gatto arrivarono a casa e non trovarono il gallo; per quanto si affliggessero, alla fine dissero: «Ecco dove conduce la disubbidienza!».


Il lupo e la capra

C'era una volta una capra che si era costruita una capanna nel bosco e aveva messo al mondo dei capretti. Spesso andava nella foresta in cerca di cibo; non appena esce, i capretti sprangano la porta e restano in casa. Al suo ritorno, la capra bussa alla porta e canticchia: «Capretti, pargoletti! Aprite, aprite in fretta! Sono stata nella pineta, ho brucato l'erba di seta, ho bevuto dell'acqua gelata. Scorre il latte dalle mammelle, dalle mammelle sugli zoccoli, dagli zoccoli si perde per terra!». I capretti si affrettano ad aprire la porta e fanno entrare la madre, che li allatta e poi torna nella foresta, mentre i capretti si chiudono dentro a doppia mandata. Il lupo aveva sentito tutto origliando; aspettò il momento buono, e non appena la capra fu andata nella foresta, si avvicinò alla capanna e gridò con la sua voce cavernosa: «Figlioletti, piccoletti, aprite, aprite in fretta! E arrivata la mamma, carica di latte, con gli zoccoli pieni d'acqua!». Ma i capretti rispondono: «No, no, non è la vocetta della mamma! La nostra mamma ha una voce sottile e dice altre cose». Il lupo se ne andò e si nascose. Ecco arrivare la capra che bussa: «Capretti, pargoletti! Aprite, aprite in fretta! Sono stata nella pineta, ho brucato l'erba di seta, ho bevuto dell'acqua gelata. Scorre il latte dalle mammelle, dalle mammelle sugli zoccoli, dagli zoccoli si perde per terra!». I capretti lasciarono entrare la madre e le raccontarono che era venuto il lupo cattivo e voleva mangiarli. La capra li allattò e, uscendo per andare nella foresta, raccomandò fermamente di non aprire per nessun motivo al mondo a chiunque si fosse avvicinato all'izbà e avesse parlato loro con voce cavernosa e non avesse ripetuto le sue precise parole. Si era appena allontanata la capra, che il lupo sopraggiunse di corsa, bussò alla porta delI'izbà e cominciò a canterellare con una vocetta flebile: «Capretti, pargoletti! Aprite, aprite in fretta! Sono stata nella pineta, ho brucato l'erba di seta, ho bevuto dell'acqua gelata. Scorre il latte dalle mammelle, dalle mammelle sugli zoccoli, dagli zoccoli si perde per terra!». I capretti aprirono la porta, il lupo si precipitò nell'izbà e li divorò tutti; si salvò solo un capretto, che si era nascosto nel forno. La capra torna; ma aveva un bel canticchiare - nessuno le rispondeva. Si avvicinò di più alla porta e vede tutto spalancato; entrò - tutto era deserto; guardò dentro il forno e scoprì l'unico capretto rimasto. Quando la capra conobbe la sua disgrazia, si accasciò su una panca e iniziò a piangere amaramente e a lamentarsi: «Ah, piccolini miei, caprettini! Perché avete aperto-spalancato, siete finiti in bocca al lupo cattivo? Vi ha divorati tutti e ha gettato me, la capra, nel dolore e nello sconforto». Il lupo, che l'aveva sentita, penetra nell'izbà e dice alla capra: «Oh, comare, comare! Di cosa mi accusi? Non sono stato io! Andiamo a fare una passeggiata nella foresta». «No, compare, non ho l'umore adatto per fare passeggiate.» «Ma su, andiamo!», insiste il lupo. Se ne andarono nel bosco, trovarono una fossa, e in quella fossa i briganti avevano cotto da poco della polenta, e c'era rimasto fuoco a sufficienza. La capra dice al lupo: «Compare, perché non proviamo a vedere chi riuscirà a saltare la fossa?». Detto fatto. Il lupo saltò e cadde nella fossa ardente; la sua pancia per il calore scoppiò e ne saltarono fuori i capretti, che si precipitarono verso la loro mamma. Da allora, vivono felici e contenti, sono diventati furbi e non si cacciano nei pasticci.


La favola di Carpa Carpovna, figlia setolosa

C'era una volta una carpetta, spiona e con la pancetta, che aveva una bella casetta. Divenuta, che avara!, poveretta, se ne andò la carpetta sul lago di Rostov, su un traino miserabile, a stento presentabile. Iniziò a gridare la carpetta con la sua forte vocetta: «Sterletti, salmoni, pesci persici, tinche e voi ultimi pescetti, lasche-orfanelle! Permettetemi di fare una passeggiata nel vostro lago. Non resterò certo un anno: farò festa solo un'ora, mangiando pane e sale, ascoltandovi chiacchierare». I pesci, sterletti, salmoni, pesci persici, tinche e le piccole lasche-orfanelle diedero il permesso alla carpa di passeggiare un'ora nel loro lago. La carpa passeggiò per un'ora e cominciò a tormentare i pesci a iosa, a spingerli contro la riva fangosa. Offesi, quelli andarono a lamentarsi della carpa da Simone-storione il giusto: «Simone-storione il giusto, perché la carpa ci offende? Ci ha domandato il permesso di passare un'ora nel nostro lago, e adesso cerca di cacciarci tutti via. Indaga e giudica tu, Simone-storione il giusto, secondo giustizia e verità». Simone-storione il giusto mandò il piccolo ghiozzo a cercare la carpa. Il ghiozzo cercò la carpa per tutto il lago, ma non riuscì a trovarla. Simone-storione il giusto mandò il medio luccio a cercare la carpa. Il luccio si immerse nel lago, si diede un colpo di coda e scoprì la carpa nel fondo di un incavo. «Salve, carpetta!» «Salve, caro luccio! Perché sei venuto?» «Ho l'ordine di portarti da Simone-torione il giusto, che forse ti farà mettere in catene: si sono lamentati di te.» «Chi è stato?» «Tutti i pesci: sterletti, salmoni pesci persici, tinche e gli ultimi pescetti, le lasche-orfanelle - anche quelle protestano, e perfino il siluro, un rustico con le labbra grosse e che non sa parlare, anche quello ha presentato una supplica contro di te; andiamo, carpa, affrettiamoci per sentire la sentenza.» «No, caro luccio! Piuttosto, andiamo a far baldoria insieme.» Il luccio si rifiuta di far baldoria con la carpa, vuole invece trascinare la carpa davanti al tribunale perché la condannino al più presto. «Be', luccio, nonostante la tua testa puntuta, non mi metterai il sale sulla coda! E poi oggi è sabato, mio padre dà una bella festa: ci sarà da mangiare e da divertirsi; andiamoci, beviamo un po', facciamo baldoria per una sera, e domani, anche se è domenica, andremo - e sia! - al tribunale; almeno avremo lo stomaco pieno.» Il luccio accettò e andò a far baldoria con la carpa; quella lo fece ubriacare, lo mise in uno stambugio, la porta accostò, con un palo la sprangò. A lungo in tribunale aspettarono il luccio e poi si stufarono. Simone-storione il giusto mandò l'enorme siluro a cercare la carpa. Quello si immerse nel lago, si diede un colpo di coda e scoprì la carpa nel fondo di un incavo. «Salve, mia cara nuora!» «Salve suocero mio!» «Andiamo, carpa, al tribunale; si sono lamentati di te.» «Chi è stato?» «Tutti i pesci: sterletti, salmoni, pesci persici, tinche e gli ultimi pescetti, le lasche-orfanelle!» La carpa era davvero la nuora del siluro: il siluro seppe prenderla in braccio e portarla di persona in tribunale. «Simone-storione il giusto, perché mi hai convocata d'urgenza?», chiese la carpa. «E come non farlo? Hai chiesto di passare un'ora nel lago di Rostov, dopodiché hai tentato di cacciare tutti dal lago. L'hanno trovato molto seccante; si sono riuniti tutti, sterletti, salmoni, pesci persici, tinche e le piccole lasche-orfanelle e sono venuti a presentare personalmente una supplica contro di te: risolvi, dice, Simone-storione, la questione con equità! » «Ascolta ora - risponde la carpa - anche la mia supplica: sono loro ad avermi recato offesa: i solchi divisori sono scomparsi, gli argini corrosi, e io che una sera tardi seguivo la riva, di fretta, con un bel bottino, sono caduta dalla riva nel lago, e insieme a un pezzo di terra! Simone-storione il giusto, fai venire i pescatori di tutto lo stato, di' loro di gettare le reti più fitte e di spingere i pesci verso una strettoia; allora saprai chi ha ragione e chi ha torto; quello che ha detto la verità non resterà nella rete, ma ne salterà fuori.» Simone-storione il giusto ascoltò la supplica della carpa, convocò i pescatori di tutto lo stato e fece spingere i pesci verso una strettoia. Fu per prima la carpina a cadere nella retina, ma si dibatté, guizzò, sgranò gli occhi e riuscì a liberarsi prima degli altri. «Vedi, Simone-storione il giusto, ehi aveva ragione e chi torto?» «Vedo che sei tu, carpa, ad avere ragione; va nel lago e nuota a tuo piacimento. Ora nessuno ti infastidirà più, a meno che il lago non si prosciughi e un corvo non ti tiri fuori dal fango.» La carpetta si allontanò nel lago con fare spavaldo: «Attenti a voi, sterletti e salmoni! Avrete mie notizie, pesci persici e tinche ! E voi anche, piccole lasche-orfanelle! Il siluro dalla testa piatta non se la caverà così: to', non sa parlare, ha le labbra grosse, ma sapeva come presentare una supplica! Me la pagherete tutti!». Arrivò Luigi in giornata, non gli piacque la spacconata; arrivò Pietro con una canna dietro; Alessio una diga ha messo; Simone una nassa per la carpa pone; Paolino viene a vedere il bottino; quando Nicola ritira la nassa, la carpa tra le dita gli passa.



La volpe e la gru

La volpe aveva fatto amicizia eon la gru, era persino diventata sua comare per via di un battesimo. Un bel giorno, la volpe decise di invitare a cena la gru e andò da lei a chiamarla: «Vieni, comare, vieni mia cara! Vedrai che bel pranzetto ti preparerò!». La gru si presenta al banchetto, ma la volpe aveva cucinato una pappa di semolino e l'aveva stesa in un piatto. Servì e iniziò a fare la parte della padrona di casa ospitale: «Mangia, cara comare, colombella! Ho cucinato io stessa». La gru, toc toc col becco, batteva, batteva senza prendere niente! La volpe, intanto, a forza di leccare, spolverò tutto quello che c'era nel piatto da sola. La pappa fu mangiata; la volpe dice: «Scusami, cara comare! Non ho più niente da offrirti». «Grazie comare, e a buon rendere! Vieni a farmi visita.» Il giorno dopo arriva la volpe, ma la gru aveva preparato una minestra e l'aveva messa in una brocca dal collo stretto; la portò in tavola e dice: «Mangia, comare! Parola mia, non ho altro da darti». La volpe cominciò a girare intorno alla brocca, si accosta da un lato, poi dall'altro, tenta di dare una leccata, sniffa, ma tutto invano! Il suo muso non entra nella brocca. Nel frattempo la gru non smette di beccare, finché non ebbe mangiato tutto «Scusami, comare! Non ho altro da offrirti.» La volpe era verde dalla rabbia: sperava di rimpinzarsi per un'intera settimana e invece tornò a casa con le pive nel sacco. Chi la fa, l'aspetti! Da allora anche l'amicizia tra la volpe e la gru è finita.

Lo svernare degli animali

Se ne andava un toro per il bosco; incontra un montone. «Dove vai montone?», chiese il toro. «Fuggo l'inverno e cerco l'estate», dice il montone. «Vieni con me!» Si incamminarono insieme; incontrano un maiale. «Dove vai maiale?», chiese il toro. «Fuggo l'inverno e cerco l'estate», risponde il maiale. «Vieni con noi!» Ripartirono dunque in tre; incontrano un'oca. «Dove vai oca?», chiese il toro. «Fuggo l'inverno e cerco l'estate», risponde l'oca. «Bene, seguici!» E anche l'oca si avviò dietro a loro. Intanto stava sopraggiungendo un gallo. «Dove vai gallo?», chiese il toro. «Fuggo l'inverno e cerco l'estate», risponde il gallo. «Seguici!» Eccoli quindi che vanno e cammin facendo conversano tra loro: «Allora, amici cari! Arriva il freddo: dove trovare un po' di caldo?». Il toro dice: «Costruiamoci un'izbà, altrimenti rischiamo davvero di gelare». Il montone dice: «Io ho una pelliccia calda; guardate che pelo! Posso svernare anche così». Il maiale dice: «Io nemmeno ho paura del grande freddo: mi seppellisco nella terra e sverno senza izbà». L'oca dice: «Io invece mi metto tra i rami di un abete, utilizzo un'ala come letto e l'altra come coperta: il freddo mi fa un baffo, posso svernare anche così». Il gallo dice: «Per me è la stessa cosa!». Il toro vede che la faccenda si mette male, deve ingegnarsi da solo. «Bene - dice - fate come vi pare, ma io mi costruirò un'izbà.» Si costruì un'izbà e iniziò a viverci. Giunse l'inverno rigoroso, il gelo imperversava; il montone - non può fare altrimenti - va dal toro: «Permettimi, fratello, di riscaldarmi un pochino». «No, montone, hai una pelliccia calda; puoi svernare anche così. Non ti lascerò entrare!» «Se non mi lasci entrare, allora io prendo la rincorsa e con le mie corna abbatto una trave della tua capanna; avrai certo più freddo.» Il toro pensava, pensava: «E meglio lasciarlo entrare, altrimenti, magari, gelerò anch'io», e fece entrare il montone. Ecco che anche il maiale, intirizzito, andò dal toro: «Permettimi, fratello, di riscaldarmi un pochino». «No, non ti lascerò entrare; non hai che da seppellirti nella terra e svernare così!» «Se non mi lasci entrare, allora scalzerò col muso tutti i pali della tua izbà e la farò crollare.» Non c'era scelta, bisognava farlo entrare; fece entrare anche il maiale. Vennero poi dal toro l'oca e il gallo: «Permettici, fratello, di riscaldarci un pochino». «No, non vi lascerò entrare. Voi avete le vostre ali: una per farvi da letto e l'altra da coperta; potete passare l'inverno così!» «Se non mi lasci entrare - dice l'oca - allora strapperò tutto il muschio dalle tue pareti; avrai certo più freddo.» «Non mi lasci entrare? – dice il gallo. - Allora volerò in cima all'izbà, toglierò la terra dal tetto; avrai certo più freddo.» Cosa doveva fare il toro? Fece stare con lui anche l'oca e il gallo. Abitano quindi tutti d'amore e d'accordo nella stessa izbà. Il gallo, rinvigorito dal calore, cominciò perfino a cantare. La volpe lo udì cantare e le venne voglia di godersi un buon galletto, ma come averlo? Si decise ad usare l'inganno; andò dall'orso e dal lupo e disse: «Be', cari compari, ho trovato una preda per tutti: per te, orso, un toro; per te, lupo, un montone; per me invece un gallo». «Bene, comare - dicono l'orso e il lupo - non ci dimenticheremo mai dei tuoi servigi! Andiamo, sgozziamoli e mangiamoceli!» La volpe li condusse all'izbà. «Compare - dice all'orso - apri la porta: io andrò avanti e mangerò il gallo.» L'orso aprì la porta e la volpe si precipitò nell'izbà. Il toro l'aveva vista e subito la costrinse con le sue corna al muro, mentre il montone iniziò a martellarle i fianchi; la volpe esalò l'anima. «Ma quanto ci mette a mangiare il suo gallo? - dice il lupo. - Apri fratello Michajlo Ivanovic! Entrerò io.» «Va bene, vai.» L'orso aprì la porta e il lupo si precipitò nell'izbà. Il toro costrinse anche lui con le sue corna al muro, mentre il montone gli martellava i fianchi in modo talmente pressante che il lupo rese l'ultimo respiro. L'orso, intanto, aspettava, aspettava: «Ma quanto ci mette a mangiare il suo montone! Ora vado io». Entrò nell'izbà; ma il toro e il montone lo accolsero allo stesso modo. A stento riuscì a salvarsi e filò via senza voltarsi.
Le favole di Leo Tolstoy
Gli sciacalli e l'elefante
 
Chi sciacalli avevano mangiato tutte le carogne che c'erano nei bosco, e non avevano piu da mangiare. Ed ecco che a un vecchio sciacallo venne in mente un modo di trovare da sfamarsi. Ando dall'elefante e g1i disse:- Noialtri avevamo un re, ma da un po di tempo non fila dritto: ci ordina di fare certe cose, che non e possibile eseguire. Noi ci vogliamo scegliere un altro re, e il nostro popolo mi ha mandato appunto a pregarti di diventare tu il re nostro. Si campa bene, da noi: qualunque cosa tu ci comanderai, noi la faremo, e ti rispetteremo in tutto. Vieni nel nostro regno.L'elefante acconsenti, e ando dietro allo sciacallo. Lo sciacallo lo condusse in una palude. Quando l'elefante fu ben affondato nel fango, lo sciacallo gli disse: - Adesso, comanda pure: qualunque cosa ci ordini, noi la faremo. L'elefante rispose: - Io vi comando di tirarmi fuori di qui.Lo sciacallo si mise a ridere, e disse: - Attaccati con la proboscide alla coda mia, e subito ti tiro fuori. Rispose l'elefante: - Ti pare possibile con la coda, tirar fuori me?Allora lo sciacallo gli disse: - E perche, dunque, tu comandi una cosa che non si puo fare? Appostaabbiamo cacciato via il re di prima, perche ci comandava certe cose che non si potevano eseguire. Quando l'elefante, li nella palude, fu morto, gli sciacalli vennero e se lo mangiarono.Torna all'indice Autore  
 
I due cavalli
 
Due cavalli tiravano ognuno il proprio carro. Il primo cavallo non si fermava mai; ma l'altro sostava di continuo. Allora tutto il carico viene messo sul primo carro. Il cavallo che era dietro e che ormai tirava un carro vuoto, disse sentenzioso al compagno: - Vedi? Tu fatichi e sudi! Ma piu ti sforzerai, piu ti faranno faticare -. Quando arrivarono a destinazione, il padrone si disse: - Perche devo mantenere due cavalli! Mentre uno solo basta a trasportare i miei carichi? Meglio sara nutrir bene l'uno, e ammazzare l'altro; ci guadagnero almeno la pelle del cavallo ucciso! -.E cosi fece.
 
Il corvo e i suoi piccoli
 
Un corvo aveva fatto il nido , in un'isola. Quando gli nacquero i piccini, penso che sarebbe stato meglio trasportarli sulla terraferma.Prese tra gli. artigli il figlio piu piccolo e si stacco dall'isola volando sopra lo stretto.Quando giunse in mezzo al mare, si senti molto stanco: le sue ali battevano l'aria sempre piu lente.  "Oggi io sono grande e forte e porto mio figlio sul mare perche mio figlio e debole"  pensava il corvo " quando esso sara cresciuto e sara diventato forte, mentre io saro debole e vecchio, chissa se mi ricompensera delle fatiche che io sostengo oggi e se mi trasportera come io faccio, da un luogo all'altro ".Il corvo decise allora di accertarsi subito e chiese al suo piccolo:- Quando tu sarai forte e io saro vecchio e debole, mi aiuterai come faccio io ora con te? Mi trasporterai da un luogo all'altro? Dimmi la verita….Il piccolo corvo vide in basso il mare e, temendo che il padre lo lasciasse cadere, si affretto a rispondere:- Si, si, ti aiutero, ti trasportero -.

Il re e gli elefanti
 
Un re indiano ordino che si radunassero tutti i ciechi; e quando i ciechi furono arrivati alla reggia, fece mostrare a loro i suoi elefanti. Uno tasto le zampe, un altro la punta della coda, un terzo la radice della coda, un quarto il ventre, un quinto il groppo ne, un sesto le orecchie, un settimo le zanne, un ottavo la proboscide. Poi il re chiamo a se quei ciechi, e domando: - Come sono fatti i miei elefanti?Uno dei ciechi disse: - I tuoi elefanti somigliano a colonne! - Era il cieco che aveva tastato le zampe. Un altro cieco disse: - Somigliano a scopette! - Era quello che aveva tastato la punta della coda. Un terzo disse: - Somigliano a rami! - Era quello che aveva tastato la radice della coda. Quello che aveva tastato il ventre, disse: - Gli elefanti somigliano a un mucchio di terra! - Quello che aveva tastato i fianchi, disse: - Somigliano a un muraglione! - Quello che aveva tastato il groppone disse: -Somigliano a una montagna! - Quello che aveva tastato le orecchie, disse; -Somigliano a fazzoletti! - Quello che aveva tastato la testa, disse: - Somigliano a un gran mortaio! - Quello che aveva tastato le zanne, disse: - Somigliano a corna! - Quello che aveva tastato la proboscide, disse: -Somigliano a una grossa fune!-E tutti quei ciechi si misero a discutere e a litigare.   
 
La formica e la colomba
 
Una formica era assetata e si avvicino alla riva di un ruscello. Un'onda la investi e la fece cadere nell'acqua. Una colomba, che passava portando un ramoscello nel becco, vide la formica in pericolo e le lancio il ramoscello. La formica vi si aggrappo e fu salva. Qualche tempo dopo, un cacciatore stava per catturare la colomba nella sua rete. La formica gli si ac costo e gli morse una gamba. Il cacciatore sussulto e si lascio sfuggire la rete dalle mani. La colomba apri le ali e volo via.
L'asino vestito della pelle del leone e la volpe
 
Un asino si mise addosso la pelle di un leone e andava attorno seminando il terrore fra tutte le bestie. Vide una volpe e volle provarsi a far paura anche a lei. Ma quella, che per caso aveva gia sentito la sua voce un'altra volta, gli disse:- Sta pur sicuro che, se non ti avessi ma sentito ragliare, avresti fatto paura anche a me -.Cosi ci sono degli ignoranti che, grazie alle loro fastose apparenze, sembrerebbero persone importanti, se la smania di parlare non li tradisse.   
 
La testa e la coda del serpente
 
Un giorno la coda del serpente attacco lite con la testa: si doveva stabilire quale delle due dovesse andare avanti per prima.La testa diceva: - Tu non puoi andare avanti per prima: non hai occhi e non hai orecchi!La coda rispondeva: - In compenso, pero, io ho la forza. Sono io che ti faccio muovere. Se per capriccio mi arrotolo intorno ad un albero, tu non ti puoi spostare piu.Propose la testa: - Allora, separiamoci. La coda si stacco dalla testa e comincio a strisciare sola. Ma poco dopo non vide un crepaccio e vi precipito dentro.    
 
Il falco e il gallo 
 
Un falco, addestrato dal suo padrone, quando costui lo chiamava, veniva a posarsi sul suo pugno. Il gallo invece, all'avvicinarsi del padrone, strillava e fuggiva spaventato. Disse il falco al gallo: - Voi galli siete servi ingrati. Correte dai vostri padroni soltanto quando avete fame. Noi, invece, uccelli selvatici, siamo ben diversi: siamo piu forti e piu veloci e non fuggiamo quando gli uomini s'avvicinano. E se ci chiamano, corriamo e ci posiamo sul loro pugno. Non dimentichiamo ch'essi ci danno da mangiare -. Rispose il gallo: - Se voi non fuggite all'avvicinarsi dell'uomo, e perche non avete mai visto il falco allo spiedo, mentre noi non vediamo che polli arrosto -. 
 
Il corvo e il piccione
 
Un corvo osservo che i piccioni vivono comodamente e sono ben nutriti perche l'uomo pensa a dar loro da mangiare. Si tinse le penne di bianco e penetro in una piccionaia. Dapprima i piccioni credettero che egli fosse uno di loro e lo lasciarono entrare ma il corvo si dimentico per un attimo del suo travestimento e gracchio come un vero corvo.Allora i piccioni lo beccarono e lo buttarono fuori. Ritorno dai corvi, ma questi, spaventati dalle sue penne bianche, lo cacciarono via, come avevano fatto i piccioni.






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